Sesión 5/6/08

Seminario «On line»

El jueves 5 de junio de 17, 30 a 18,30 horas (en España), Roberto Greci (Universidad de Parma, Italia), contestará a vuestras preguntas en tiempo real, y también a las que se remitan con antelación por mail o a través del formulario web, desde la Facultad de Geografía e Historia de la Universidad de Santiago de Compostela, España. Os convocamos para ello a conectar el día y hora acordados con nuestra dirección web.

Seminario

«I nuovi orientamenti della medievistica italiana»

Informa

Roberto Greci
(Universidad de Parma, Italia)

CV


CV

Roberto Greci
(Universidad de Parma, Italia)

Curriculum Vitae
Roberto GRECI

Professore ordinario di Storia medievale nell’Università di Parma dal 1994, ha insegnato nelle Università di Bologna, Udine e Torino. Si occupa di problemi di storia economica e sociale, privilegiando lo studio dei ceti mercantili e delle loro associazioni (R. GRECI, Corporazioni e mondo del lavoro nell’Italia padana medievale, Bologna 1988; Mercanti, politica, cultura nella società bolognese del basso medioevo, Bologna 2004; Economie urbane ed etica economica nell’Italia medievale, Roma-Bari, 2005), di storia della città in età basso-medievale (R. GRECI, Parma medievale. Economia e società nel Parmense dal Tre al Quattrocento), di storia delle università (R. GRECI, a c. di, Il pragmatismo degli intellettuali. Origini e primi sviluppi dell’istituzione universitaria, Torino, 1996).

Ha guidato un progetto di ricerca europeo su ?Strade e vie di pellegrinaggio nell’Europa medievale?, in collaborazione con Università spagnole (Universidad Publica de Navarra) e belghe (Université de Namur): cfr. R. GRECI (a c. di), Itinerari medievali e identità europea, Bologna, 1999.

Si interessa della applicazione delle nuove tecnologie digitali alle discipline medievistiche (cfr. R. GRECI, Medioevo in rete tra ricerca e didattica, Bologna 2002).

Direttore del Dipartimento di Storia dell’Università degli Studi di Parma dal 1995 al 2001, è stato responsabile di unità locale entro progetti di ricerca Cofin coordinati, a livello nazionale, dai proff. C. Violante, E. Cristiani, M. Tangheroni.

È membro del Consiglio direttivo della Società italiana degli storici medievisti.

E’ membro del Comitato scientifico della rivista «Annali di storia delle Università italiane».

Dirige la collana «Itinerari medievali» presso l’editore CLUEB di Bologna. È Direttore della Scuola di Specializzazione per l’Insegnamento Secondario dell’Emilia-Romagna.

È responsabile scientifico del sito Itinerari Medievali:www.itinerarimedievali.unipr.it

È Presidente del Consiglio scientifico e Didattico del Consorzio Interuniversitario ICoN (Italian Culture on the Net : www.italicon.it).

Resumen

Roberto Greci
(Universidad de Parma, Italia)

«I nuovi orientamenti della medievistica italiana»

Resumen:

La storiografia italiana sul Medioevo ha subito, nel corso del Novecento, vari e importanti cambiamenti. All´inizio del secolo terminava la breve vita della «scuola economico-giuridica», che, guardando soprattutto alla storiografia tedesca, aveva introdotto forti innovazioni rispetto alla tradizione italiana ottocentesca. La fine di questa stagione, determinata dal giudizio negativo di Benedetto Croce, coincise con il prevalere della concezione idealistica della storia (forte anche durante il ventennio fascista) e dei suoi temi. L´eredità della scuola economico-giuridica, tuttavia, non era del tutto spenta; si fece sentire quando, dopo la seconda guerra mondiale, la cultura accademica italiana si aprì al dialogo con la storiografia straniera e, in particolare, con la storiografia francese.

Allora decollarono gli interessi rivolti al territorio, alla demografia, ai ceti subalterni, all alimentazione, alla cultura materiale e alla storia delle mentalità. Nacquero alla fine (anni
Settanta) nuove riviste, assolutamente inedite per il panorama scientifico italiano: ad esempio Archeologia medievale e Quaderni medievali, una rivista, quest ultima, da poco cessata, che per molti anni ha dato spazio a confronti con l´antropologia, a una seria riflessione sui medievalismi, sulla didattica del medioevo, sulla divulgazione storica.

Densa di conseguenze, in effetti, era stata, nel decennio precedente, la traduzione e l´ampia circolazione di opere di Bloch («La società feudale» e l´»Apologia della storia») o di Duby (L´economia rurale dell?Europa medievale»). Va tuttavia sottolineato che l´interesse italiano per la storia agraria, sviluppatosi con forza proprio a partire da quel decennio, mostrava caratteristiche proprie e vantava illustri precedenti nella storiografia italiana del primo Novecento. Analogo discorso possiamo fare per la storia delle città, un filone storiografico che prosegue nel secondo Novecento, sicuramente arricchito dalla nuova dimensione della storia sociale, ma con radici risalenti a Carlo Cattaneo (1858), il quale aveva sottolineato l´importanza e la specificità del fenomeno cittadino nella storia d´Italia.

Insomma, nella storiografia italiana del secondo Novecento sembra di potere ravvisare, nonostante le forti trasformazioni, una prevalente continuità, un cauto spirito innovativo. La causa di tutto questo è da ricercarsi nel mai spento interesse per la storia politico-istituzionale, motivato a sua volta dalla singolarità, dalla ricchezza, dallo sperimentalismo delle vicende del potere nell´Italia medievale, dall´influsso che sulla storia politico-istituzionale ha esercitato un´illustre tradizione di studi storico-giuridici. Questo, alla fine, ci sembra un solido baricentro, non totalmente sovvertito dalle novità novecentesche e dalla crescente importanza della storia sociale.

Su questo fronte l?Italia del Nord ha prodotto studi e ricerche che hanno definito il senso nuovo della storia istituzionale e, quindi, politica. Una storia non più formalistica, una storia che guarda concretamente al potere, alla sua gestione, alle sue manifestazioni; che riesce a coniugare gli aspetti giuridici con gli interessi della geografia storica, della economia, dell?archeologia; un esempio emblematico è il tema dell?incastellamento colto nelle sue differenti declinazioni (Italia del Nord e Italia centrale) o quello delle istituzioni feudali e del loro rapporto con le istituzioni comunali: sono temi che consentono di superare le teorie genetiche delle istituzioni pubbliche a suo tempo elaborate in clima di scontro tra romanità e germanesimo o, ultimamente, di ridimensionare l´importanza della dimensione comunale nella storia d´Italia.

La storia politico-sociale dell´alto e del medio medioevo determina, in questa nuova versione, forme di collegamento con la storiografia rivolta agli Stati regionali del tardo medioevo e, potenzialmente, con quella del Sud Italia, che ha avuto sviluppi più lenti e appartati. Attardata sui consueti interessi per la nascita dello Stato e sul confronto con i più dinamici sviluppi del medioevo settentrionale, solo di recente ha superato il gap grazie a fortunati percorsi di storia economica, mediterranea, agraria, sociale. Ma anche il tradizionale interesse per le vicende dello Stato ha dimostrato capacità d´innovazione; ad esempio, gli studi sull´età normanna (Giornate normanno-sveve di Bari) indicano in quello stato un esperienza rivoluzionaria, paragonabile a quella delle città comunali del Nord. Quanto al rapporto tra le «due Italie» si tende a vedere non tanto una contrapposizione, quanto una omplementarietà.

Significativi sviluppi si sono registrati anche negli studi di storia della Chiesa. Grazie ad essi, in questi ultimi decenni, si è ampliata la nostra conoscenza delle istituzioni ecclesiastiche, delle loro fortissime interazioni con la storia sociale e politico-istituzionale (Settimane della Mendola). Ma questo settore appare, anche per altri aspetti, fortemente rivoluzionato. Pensiamo agli studi sulla santità, sul monachesimo, sugli ordini mendicanti, sulla religiosità femminile, e così via.

Nell´ultimo quarto del Novecento, quindi, possiamo affermare che la storiografia italiana si è decisamente convertita al sociale, pur rimanendo fortemente ancorata alla tradizione politico-istituzionale. Solo in questi ultimissimi anni, sotto la spinta di molte forze esterne (ulteriori influssi della storiografia francese e anglosassone, apertura internazionale dell?ambiente accademico anche in direzione iberica, sollecitazioni dell´editoria, richiesta di divulgazione e di nuove forme di didattica) il paradigma che si andava consolidando sembra soggetto a evidenti modificazioni: penso allo spazio sempre più ampio che gli specialisti riservano alla storia narrativa e alla biografia oppure ai tentativi di riproporre una nuova
storia politico-istituzionale attraverso l?analisi del linguaggio politico sulla scia della scuola di Cambridge.

[Resultado del seminario celebrado el pasado 5/6/08 con el profesor Greci de la Universidad de Parma, Italia]

  Comienza el seminario con el profesor Roberto Greci de la Universidad de Parma.

Buenas tardes a todos

Pregunta: Pienso que hoy ha una grande pregunta por la historia y, principalmente, la historia hecha por bajo que es la seguinte: pode se hablar de movimientos sociales cambiantes en el medievo italiano? Y la postura de Antonio Gramsci para la historiografia italiana hoy? Wellington de Oliveira Profesor de Historia Centro Universitario de Belo Horizonte/Brasil.

Respuesta: S¡. La crescita demografica ed economica dei gruppi artigianali e mercantili tra XII e XIII secolo nelle citta’ dell’Italia centro-settentrionale ha contribuito non solo agli sviluppi generali del fenomeno urbano, ma abbia anche determinato sperimentazioni importanti sul piano dei cambiamenti politici e istituzionali, perche’ da quel momento si sono realizzate forme nuove e allargate di partecipazione alla vita pubblica e si sono avviati rapporti ravvicinati (seppure difficili) tra questi ceti sociali nuovi e i vecchi ceti aristocratici che avevano monopolizzato il potere fino a quel momento. Tutto questo lo si puo’ osservare analizzando l’eta’ podestarile e l’eta’ popolare del comune italiano. Pero’ bisogna sempre ricordare che ogni citta’, in Italia, presenta cartteristiche particolari e tempi di sviluppo diversi. Per questo, in Italia, ha ancora grande successo quella che definiamo «storia delle citta'».

Pregunta:Qué aporta Internet y las nuevas tecnologías a la historia medieval? Catalina Romeu (Licenciada en Informática. Palma de Mallorca, España)

Respuesta: Rispondo, prima di tutto, alla domanda precedente relativa alla importanza di Gramsci sulla storiografia italiana. Dunque la medievistica italiana e’ sempre stata assai poco ideologica e non possiamo parlare di una storiografia «comunista». Quindi Gramsci e’ conosciuto dagli storici, ma direi che nei suoi aspetti piu’ teorizzanti non incide tanto sugli sviluppi della ricerca medievistica. Vengo alla nuova domanda: Indubbiamente internet e’ uno strumento che si rivela sempre piu’ utile. Per ora e’ usato soprattutto come strumento che facilita la ricerca medievistica per la raccolta di bibliografie e per il reperimento delle fonti; ma aumentano anche i contributi scientifici pubblicati direttamente in rete e questo significa una maggiore velocita’ nella comunicazione scientifica. Un buon peso, inoltre, sta avendo internet nella divulgazione scientifica e nella didattica della storia medievale, grazie alla nascita di siti scientificamente corretti e pensati appositamente per questi scopi. Dunque io vedo con favore questa tendenza, anche se mi rendo conto che l’ambiente degli umanisti e’ un po’ lento nel cogliere tutti i vantaggi insiti in questo mezzo.

 

Pregunta: Quisiera plantearle 3 cuestiones. 1) En qué situación se encuentra la llamada historia de las mentalidades (también llamada historia de las representaciones) en Italia; 2) qué ha pasado con la microhistoria italiana? Por qué se ha diluido?; 3) Cree vd. que los planteamientos de Historia a Debate (historia mixta, nuevas fuentes, etc.) pueden ser útiles a la historiografía medieval italiana? Israel Sanmartín (Secretario Historia a Debate)

Respuesta: 1. Si e’ sviluppata anche in Italia, anche se resta presso di noi assai forte la tradizione storiografica nata sulle radici della storiografia giuridica e istituzionale. 2. Credo che il calo di interesse per la storia del territorio (esplosa negli anni Settanta del XX secolo) abbia indebolito questa nuova tendenza, che pure ha avuto in Italia alcuni suoi fondatori. 3.Credo di si’ perche’ consente alla nostra storiografia nazionale di dialogare (con indubbi vantaggi) con le tendenze presenti nella storiografia europea e (nel caso di HaD) non solo europea.

 

Pregunta:Cuales son los historadores italianos más importantes para Vd.? María López (Universidad de Valencia)

Respuesta: La domanda e’ imbarazzante. Dovrei fare una lunga lista di nomi per ciascun settore in cui si e’ impegnata e si impegna la medievistica italiana e dimenticherei con cio’ molti nomi importanti. Posso pero’ dire che in Italia un forte rinnovamento e’ presente nella medievistica che si occupa di storia politico-istituzionale, in quella che si occupa di Storia della Chiesa (piu’ attenta alla storia della religiosita’ e delle mentalita’ che non agli aspetti istituzionali tradizionali o alle grandi figure storiche) e in quella che si occupa di storia del Mezzogiorno d’Italia, meno attenta alle vicende del regno meridionale e assai piu’ attenta, oggi, agli aspetti economici e sociali; queste novita’ della storiografia meridionale la avvicinano piu’ di quanto non avvenisse prima alla medievistica settentrionale.

 

Pregunta: Existen algunas renovadoras actualmente en la historiografía italiana? Vanesa Vázquez (Universidad de Buenos Aires)


Respuesta: Anche questa domanda, come la precedente, mi crea un po’ di difficolta’, per cui rispondo in parte con quanto ho detto sopra. Aggiungo che le maggiori novita’ (a parte la storia della chiesa e la storia del Mezzogiorno di cui parlavo prima) si possono ascrivere alla storia istituzionale (in cui la scuola che discende da Giovanni Tabacco e’ ancora impegnata fortemente)e alla storia politica del tardo medioevo in cui gli studi di Giorgio Chittolini hanno aperto strade tuttora fortemente battute. Segnalo anche gli studi sui rapporti tra pensiero teologico ed economia che consentono ad alcuni studiosi (in primis a Giacomo Todeschini) di fondare su nuove basi la storia del pensiero economico medievale e di indagare sugli eccezionali sviluppi dell’economia mercantile e bancaria italiana del basso medioevo.

 

 

Pregunta: En su experiencia investigadora he visto que ha trabajado con historiadores de diferentes países, incluso con españoles. Qué opinión le merece la historiografía española y cual cree que es la historiografía que está en condiciones de aportar novedades en estos momentos? Raul Verganza (Universidad de Cantabria)


Respuesta:Indubbiamente la storiografia che di recente ha influito maggiormente sulla medievistica italiana e’ stata la «nuova» storiografia francese che ha contribuito in parte ad orientare gli interessi degli italiani alla storia sociale. La storiografia spagnola ha avuto meno contatti con quella italiana. Recentemente, pero’, questi rapporti si stanno intensificando. Io personalmente ho avuto grandi vantaggi dalla conoscenza degli studi di storia agraria di P. Iradiel (che fra l’altro ha anche studiato l’Italia e Bologna in particolare) o degli studi di J. Carrasco Perez con cui ho collaborato per le ricerche sulle vie di pellegrinaggio europee, o ancora degli studi di C. Barros sui movimenti sociali del tardo medioevo. Ma potrei citare anche molti altri studiosi che ho conosciuto in questi anni. Trovo molto interessante la storiografia spagnola perche’ su certi temi comuni consente di misurare le diversita’ delle situazioni e quindi, su base comparativa, consente di comprendere meglio i temi portanti della nostra storiografia nazionale. Inoltre trovo utile un confronto con gli studiosi spagnoli perche’ li vedo molto attenti alle questioni metodologiche, che solitamente in Italia non risuotono un grandissimo successo, ma che credo importanti.

 

 

Pregunta: La historiografía medieval italiana está muy influenciada por la historiografía francesa, pero, hay influencias de la historiografía alemana? Carlos Medina (Universidad de Cádiz)


Respuesta: Come ho detto la piu’ recente influenza ci viene dalla storiografia francese. Ma non dobbiamo dimenticare gli influssi che ci pervengono dalla storiografia tedesca, seppure meno evidenti. Li ravviso in una tradizione piu’ lontana che fa capo alla storia costituzionale tedesca, guardata con molto interesse dalla nostra scuola economico-giuridica di circa un secolo fa, ma anche dagli influssi che su alcuni importanti storici del secondo Novecento (ad es. G. Tabacco e C. Violante) hanno avuto le ricerche di G. Tellembach. Collegherei a questo filone alcuni importanti orientamenti e studi prosopografici che hanno chiarito importanti questioni sul piano della storia del potere. Poi, ancora piu’ di recente, va ricordato il fitto dialogo della medievistica italiana con gli studi di H. Keller sul ruolo delle aristocrazie e, di conseguenza, sui rapporti tra queste ultime e gli sviluppi politico-istituzionali delle citta’ dell’Italia settentrionale.

 

 

Pregunta: Cree Vd. que la historia económica y económico social que se ha desarrollado entre los diferentes países mediterraneos (relaciones comerciales entre el mediterraneo español e Italia) han supuesto alguna aportación para la historiografía italiana? Andrés Rodríguez. Universidad de Murcia


Respuesta: CRedo proprio di si’. Vorrei ricordare gli studi di F. Melis assai orientati alla pensiola iberica. CRedo si tratti di studi importanti perche’ si fondavano su una documentazione straordinaria, quale quella prodotta dal mercante pratese Francesco di Marco Datini. Ma anche gli studi di Mario del Treppo sui mercanti catalani e l’espansione della corona aragonese nel secolo XV individuano lo spazio ñediterraneo come uno spazio degno di studi e approfondimenti tanto per la storiografia iberica quanto per la storiografia italiana. Ma potrei citare altri nomi di studiosi gia’ attivi sul fronte della storia economico-sociale (M. Tangheroni) o tuttora attivi nello studio del medioevo insulare italiano quali Casula, Corrao e altri ancora.

 

 

Pregunta:Profesor Greci, Vd habla de la biografía y de la historia narrativa como nuevas formas de la historia político-institucional, pero es una biografía realizada para ensalzar a los personajes?, y por otro lado, es una historia narrativa sin rigor científico? Rafael Caño. Universidad de Castilla la Mancha


Respuesta: La biografia e la storia narrativa non e’ solo un fenomeno italiano. In Italia e’ comparsa perche’, credo, ci sono influssi del mondo dell’editoria sull’ambiente scientifico; ma anche perche’ si sta affermando una certa avversione per l’eccesso di erudizione del tradizionale saggio scientifico. Io credo che se l’autore e’ un buono storico, dotato di capacita’ narrative il prodotto puo’ essere attendibile anche scientificamente. Quanto alla biografia non credo che essa significhi necessariamente culto della personalita’, se e’ questo che Lei intende. Si possono studiare singole personalita’ (grandi o piccole) rappresentando nel contempo la societa’ che sta intorno a questi uomini e discutendo con profitto di metodo storico nell’analisi accurata delle fonti. Alcune biografie quali quella di A. Frugoni su Arnaldo da Brescia (peraltro non recente perche’ risale al 1954) restano esempi validissimi e memorabili per questa «nuova frontiera» (ma neppure tanto) della storiografia.

 

Pregunta: Cuáles son a su juicio, los «asuntos pendientes» o temas menos tratados o más necesitados de estudio de la historia medieval de Italia? Aurelio Pastori, Universidad de Montevideo, Uruguay.


Respuesta: Credo che la storiografia italiana abbia trattato, in passato e in tempi recenti, molti temi; e credo anche che, nel rispetto della propria tradizione, abbia anche dialogato con profitto con alcune significative tendenze della storiografia straniera. Meno rapporti, invece, ha avuto in passato con la storiografia anglosassone. Recentemente, pero’, questi rapporti si sono intensificati (anche per un piu’ consistente interesse degli studiosi anglosassoni verso la storia italiana dell’eta’ medievale e non solo dell’eta’ rinascimentale). Direi che questo rapporto sta producendo frutti positivi, bisognosi di ulteriori approfondimenti, rivolti a temi indubbiamente nuovi per la nostra storiografia: alludo alla storia dei linguaggi che guarda alla scuola di Cambridge e che in Italia si riflette sulla storia politica (per questo ambito, a fianco dei Lavori di Todeschini che ho citato sopra dedicati alla storia del pensiero economico, posso rimandare ad alcuni studi di E.Artifoni).


Finaliza el Seminario «On Line» con el profesor Roberto Greci de la Universidad de Parma, Italia.


Al termine del seminario, voglio ringraziare tutti i partecipanti per le donmande molto interessanti che mi sono state rivolte. Spero di avere soddisfatto le curiosita’ di tutti, anche se mi rendo conto che il mezzo necessariamente vuole la brevita’ e che avrei potuto dire m olte altre cose ancora oltre a quello che ho detto. Un cordilissimo saluto e buon lavoro storico a tutti. Roberto Greci

Sesión 15/5/08

Seminario «On line»

El jueves, 15 de mayo de 2008, de 19 a 20 horas (en España), Andrés Berciano (Universidad de la República, Uruguay), contestará a vuestras preguntas en tiempo real, y también a las que se remitan con antelación por mail o a través del formulario web, desde la Facultad de Geografía e Historia de la Universidad de Santiago de Compostela, España. Os convocamos para ello a conectar el dia y hora acordados con nuestra dirección web

Seminario

«El historiador y las fuentes electrónicas. Nuevos horizontes para la crítica heurística en el siglo XXI»

Informa

Andrés Bresciano (Universidad de la República, Uruguay)

Resumen

Andrés Bresciano
(Universidad de la República, Uruguay)
15 de mayo de 2008, de 19 a 20 horas

«El historiador y las fuentes electrónicas. Nuevos horizontes para la crítica heurística en el siglo XXI»

La crítica heurística –concebida como el análisis de la autenticidad de las fuentes históricas y de la fiabilidad de sus contenidos- se ha centrado, tradicionalmente, en el documento escrito, en sus diferentes soportes y formatos. Las renovaciones historiográficas de la primera mitad del siglo XX, modificaron esta situación, con la inclusión paulatina de otros tipos de fuentes (iconográficas, orales, audiovisuales, etc.), que demandaron, a su vez, técnicas específicas para su abordaje. Por otra parte, los cambios tecnológicos que introdujo la Revolución Informática a partir de 1945, generaron nuevos desafíos heurísticos al historiador, con la aparición sucesiva de diversas formas de documentos digitales y de documentos telemáticos. En la presente ponencia, se considerarán, precisamente, las características estructurales de esta última clase de fuentes, los problemas que plantea su conservación en el largo plazo, y los problemas asociados al estudio crítico de sus contenidos.

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RESUMEN

 

La crítica heurística –concebida como el análisis de la autenticidad de las fuentes históricas y de la fiabilidad de sus contenidos- se ha centrado, tradicionalmente, en el documento escrito, en sus diferentes soportes y formatos. Las renovaciones historiográficas de la primera mitad del siglo XX, modificaron esta situación, con la inclusión paulatina de otros tipos de fuentes (iconográficas, orales, audiovisuales, etc.), que demandaron, a su vez, técnicas específicas para su abordaje. Por otra parte, los cambios tecnológicos que introdujo la Revolución Informática a partir de 1945, generaron nuevos desafíos heurísticos al historiador, con la aparición sucesiva de diversas formas de documentos digitales y de documentos telemáticos. En la presente ponencia, se considerarán, precisamente, las características estructurales de esta última clase de fuentes, los problemas que plantea su conservación en el largo plazo, y los problemas asociados al estudio crítico de sus contenidos.

El historiador y las fuentes electrónicas.

Nuevos horizontes para la crítica

heurística en el siglo XXI.

 

 

Juan Andrés Bresciano

(Universidad de la República)

 

 

La crítica heurística –entendida como el análisis de la autenticidad de las fuentes históricas y de la fiabilidad de sus contenidos- constituye una de las fases primordiales de toda investigación sobre el pasado, que se realice desde una perspectiva científico-social. Sus primeras expresiones formales ya se encuentran presentes en la Historiografía confesional del siglo XVII, gracias a los aportes de Jean Mabillon y Jean De Boland. Su sistematización metodológica, sin embargo, se inicia en las primeras décadas del siglo XIX, con la Escuela Histórica Alemana, que tiene en Leopold von Ranke a su figura más emblemática. Ya a fines de dicho siglo, los procedimientos de la crítica externa e interna de los documentos se estandarizan a través de manuales clásicos. Las sucesivas renovaciones historiográficas que se constata a lo largo del siglo XX, suponen una ampliación progresiva del concepto de fuente, que ya no se reduce al documento textual, sino que incorpora a los registros iconográficos, orales, sonoros y audiovisuales, entre otros. Esta ampliación demanda pautas técnicas específicas para proceder a la evaluación de las nuevas clases de materiales que el historiador debe utilizar en sus proyectos.

 

En términos generales, la abrumadora mayoría de las piezas que integran el universo heurístico utilizado hasta mediados del siglo pasado, se constituyen a partir de un soporte físico que determina las formas en que se conservan, describen y clasifican por parte de archivólogos y de historiadores.La Revolución Informática que comienza a desarrollarse desde 1945 –y que se acelera en las décadas finales del siglo XXI- introduce un nuevo soporte –el electrónico- que provoca cambios radicales en las formas en que se generan, organizan y recuperan los nuevos tipos fontales, así como en el modo en que se someten a crítica. Nacido en tal contexto, el documento electrónico se conserva en un medio intangible, ya que sus contenidos no se pueden percibir directamente. De hecho se requiere de un dispositivo específico para que su lectura resulte posible, ya sea en una pantalla o en un proyector. Mientras tanto, sólo existe como patrones electromagnéticos de alguna clase de registro, ya sea analógico o digital. Precisamente, esta última modalidad –la del registro digital- origina el documento informático, entendido como aquel que se almacena mediante un sistema de codificación binario, y que requiere de un ordenador para que su visualización resulte posible. La digitalización puede aplicarse a las más variadas clases de contenidos documentales, ya que permite codificar la palabra hablada, la palabra escrita, la imagen fija, la imagen en movimiento, etc. A su vez, en tiempos recientes, la utilización de sistemas electrónicos para transmitir documentos informáticos a través de redes de comunicación, motivan la aparición de las fuentes telemáticas, cuya expresión más típica la constituyen los sitios Web de Internet.

 

Estos cambios tecnológicos que introducen nuevos medios para producir, recolectar y administrar documentos, inciden, necesariamente,  en las formas en que se relaciona el historiador con los materiales que utiliza para investigar. En la presente ponencia, se considerarán al menos tres aspectos fundamentales de dicho vínculo: la aparición de nuevas clases de fuentes, los problemas que  plantea su conservación en el largo plazo, y los desafíos asociados al análisis crítico de sus contenidos.

 

  1. La ampliación del espectro heurístico

 

En esta primera sección, se desarrollarán algunas consideraciones generales sobre la creación de fuentes mediante el uso de herramientas electrónicas en la prácticas investigativas. Asimismo, se mencionarán algunos debates técnico-metodológicos que se asocian con la digitalización de las fuentes clásicas. Finalmente, se realizará una sucinta reseña de los tipos documentales telemáticos que el historiador del siglo XXI debe sumar a los insumos informacionales que utiliza.

 

1.1.  La creación de fuentes históricas mediante dispositivos electrónicos

 

La concepción tradicional del historiador como un usuario de fuentes, se modifica en las últimas décadas gracias a que las nuevas herramientas digitales le permiten convertirse en un creador de documentos y registrar un sinnúmero de fenómenos característicos del mundo contemporáneo En tal sentido, la posibilidad de generar documentos audiovisuales de alta calidad, mediante dispositivos externos a un ordenador, de incorporar y de almacenar esos registros en un mismo sistema –más allá del formato que presenten- y de organizar y clasificar dichos insumos, estimula significativamente las tareas de trabajo de campo, que implican operaciones de observación directa, indirecta o participante. Asimismo, la democratización en el acceso a tales dispositivos –cámara digitales, filmadoras y teléfonos celurares que toman fotografías y también realizan grabaciones audiovisuales- transforma a los ciudadanos corrientes en productores de fuentes históricas, sobre la vida cotidiana o sobre los eventos más dramáticos que pueden afectar a una sociedad. Ejemplo de ello lo ofrecen las filmaciones obtenidas mediante el uso de celulares para registrar acontecimientos relacionados con el ataque de Israel al Líbano en 2006, la represión en Myanmar en 2007, o en el Tíbet en 2008.

 

Si el investigador incursiona en el campo de la Historia Oral, tanto grabadoras como filmadoras digitales facilitan la creación de documentos que luego serán archivados en repositorios electrónicos, y analizados mediante programas específicamente diseñados para tal fin. Por el contrario, si la documentación oral no se conservara en un medio informático, las operaciones de análisis mediante el uso de esos programas resultaría inaplicable, o de dificultosa implementación. Por su parte, la utilización del cuestionario como procedimiento para relevar datos, también se beneficia de las nuevas tecnologías. La remisión de los formularios mediante correo electrónico y la obtención de las respuestas a través del mismo procedimiento, simplifica y acelera el proceso. Indudablemente, los formularios que contienen las respuestas, al conservarse en un soporte digital, favorecen toda clase de análisis estandarizado, con una celeridad y una eficacia que no resultaría factible si se utilizase un medio tradicional. Algo semejante ocurre con los formularios de las encuestas que realizan algunos historiadores, para obtener datos estadísticamente representativos con relación a algún tema de su interés.

 

2.2. La incorporación de las fuentes tradicionales al ciberespacio: posibilidades y limites de la digitalización.[1]

 

Las nuevas tecnologías brindan la posibilidad de conservar reproducciones de fuentes tradicionales en un formato electrónico. De este modo, los materiales más diversos que se puedan utilizar para el conocimiento del pasado, se almacenan en un único medio –el digital- para que el investigador los preserve, utilice y difunda con un grado de eficacia desconocido en los tiempos pre-informáticos. En los últimos años, la digitalización configura una de las funciones primordiales que llevan a cabo las bibliotecas, archivos y museos nacionales de numerosos países. Gracias a ella, un volumen relevante de sus colecciones se encuentran disponibles para la consulta en línea, con las ventajas notorias que ello supone para  los usuarios locales y los que se encuentran en otras ciudades, o en otros países.

 

A pesar de estas facilidades, la digitalización no siempre resulta la opción más adecuada, sobre todo si un investigador o un equipo debe adoptar la decisión de reproducir un conjunto específico de documentos. Antes de implementar cualquier procedimiento, el historiador que se decida por esta altenativa, necesita determinar:

 

(i)                  Si los materiales no han sido digitalizados previamente. En ciertos ocasiones se invierten ingentes sumas de dinero en la reproducción de fuentes que ya han sido almacenadas en formato electrónico. No siempre resulta sencillo constatar la digitalización de una colección determinada, ya que esta información puede resultar esquiva.

 

(ii)                Si la reproducción mediante herramientas informáticas no supone ninguna clase de riesgo para las fuentes. Al igual que otras formas alternativas –como la fotoduplicación tradicional o la microfilmación-, las copias digitales pueden afectar el soporte y los contenidos del documento, ya sea por la manipulación de los materiales o por su exposición a ciertas clases de factores físico-químicos.

 

(iii)               Si los documentos que se digitalizan se encuentran ordenados y clasificados y constituyen un fondo que ha mantenido su unidad e integridad. En ciertas ocasiones, las fuentes se hallan desordenadas y los contenidos de fondos diversos han sido intercalados en forma arbitraria. Si el historiador no considera situaciones de esta clase, puede llevar a cabo una edición digital acrítica, que presente como un todo coherente lo que no es más que un conglomerado de piezas, reunidas de manera fortuita.

 

(iv)              Si la digitalización permite un acceso mucho más eficaz y eficiente a las fuentes. Por su propia naturaleza, algunos documentos resultan de fácil localización y consulta, y en tal caso la reproducción informática no supone un avance en cuanto a la difusión de sus contenidos.

 

(v)                Si el investigador, el equipo de investigadores o la institución que decide recurrir a la digitalización, poseen las herramientas necesarias para garantizar a los potenciales usuarios, la consulta de los materiales. No basta con disponer de los instrumentos de reproducción para que el proceso resulte exitoso: se necesita una infraestructura que permita un acceso amplio –mediante la divulgación a través de una edición en CD’s o en un sitio Web- y un servicio regular –a través de un compromiso institucional que garantice la continuidad en el acceso y proporcione asesoramiento al usuario.

 

(vi)              Si los requisitos técnicos de la reproducción, almacenamiento, edición, gestión y difusión de los materiales, se pueden solventar con los recursos que dispone los investigadores o las instituciones a las que pertenece. Esta evaluación no siempre se realiza en forma precisa, y como resultado de ello, algunos proyectos basados en el voluntarismo, finalizan de manera prematura y sin alcanzar los resultados deseados.

 

La decisión de digitalizar requiere que el historiador o el archivólogo deban evaluar múltiples factores, pero la implementación de tal procedimiento puede requerir pericias técnicas que excedan sus capacidades. En aquellas ocasiones en que se reproduce un número reducido de piezas, para el uso personal de un investigador o de un equipo, recurrir a un instrumental básico empleado en forma amateur resulta admisible. Sin embargo, si se trata de un proyecto que pretende ofrecer al público académico una edición digital profesional de cierta clase de fuentes o de fondos documentales, entonces se debe implementar una verdadera cadena de digitalización, en la que participan distintos tipos de especialistas. Se trata de un proceso articulado en tres instancias, cada una de las cuales plantea complejas decisiones metodológico-técnicas:

 

(i)        La generación de imágenes. Consiste en el registro de los contenidos de un documento tradicional en un medio informático, utilizándose para ello un escáner o una cámara digital. El investigador que emplea en forma ocasional estas herramientas, no siempre es consciente de todas las posibilidades que debe tener en cuenta, para obtener un resultad óptimo. La fase de generación de las imágenes requiere que se adopten determinaciones con respecto a:

 

(a)     La resolución de la imagen. No resulta una elección simple, dado que es preciso establecer el grado de nitidez apropiado para captar con mayor eficacia el contenido de un documento. Esta decisión depende de la naturaleza de la fuente y de la clase de datos que contenga (verbales, icónicos, gráficos, etc.)

(b)      El formato de archivo. Dependerá de la resolución que se precise, la profundidad de bits, los requisitos en cuanto a los colores de la imagen, etc. Una vez más, el contenido del documento y sus usos, condicionan la clase de formato que se elija.

(c)   La compresión. Al igual que las operaciones anteriores, plantea posibilidades y limitaciones. Un alto grado de compresión puede afectar seriamente la calidad de la imagen.

(d)     Las herramientas de digitalización. Tanto los escáneres como las cámaras presentan ventajas y limitaciones comparativas, de acuerdo a la clase de documentos que se manipulen, las condiciones infraestructurales y ambientales en que se opere, y el tiempo que se disponga para efectuar las reproducciones.

(e)      El personal técnico que llevará a cabo la digitalización. No siempre los investigadores que demandan la reproducción informática de fuentes, se encuentran en condiciones de llevar a cabo la tarea práctica. Por el volumen de materiales que deben procesarse, por el cuidado que demanda la utilización de cierta clase de herramientas, y por el control que es preciso ejercer sobre factores tales como la luz o la posición de los documentos, conviene que sean expertos lo que realicen estos procedimientos.

 

(ii)     La gestión de archivos. Una vez almacenados los contenidos de las fuentes en un soporte digital, deben clasificarse y ordenarse en forma racional. Al igual que en la instancia anterior, se requieren resoluciones técnicas que no pueden ser el fruto de la improvisación de un trabajo amateur, sino de un plan claramente diseñado desde un comienzo, ya sea por especialistas o con su asesoramiento.

 

(iii)     La difusión del material digitalizado. Las herramientas de socialización de los contenidos documentales que se escojan, dependerán del público al que estén destinados. Si se trata del investigador y de su equipo, la edición en disco compacto resulta una opción válida. Por el contrario, si consiste en un colectivo académico, la utilización de un sitio Web parece mucho más recomendable. Aún así, conviene evaluar las posibilidades (y los costos) de un mantenimiento regular de esta clase de medios, a fin de asegurar que continúen operativos en el largo plazo.

 

 

2.3. Las tipologías documentales asociadas a Internet: la proliferación de fuentes telemáticas

 

Aunque los dispositivos electrónicos y digitales producen fuentes que se almacenan en nuevos soportes y que adoptan nuevos formatos, las modificaciones que introducen en las tipologías documentales y en la naturaleza de sus respectivos contenidos, resultan bastante limitadas. No acontece lo mismo con las redes que nacen de la interacción entre las herramientas informáticas y las nuevas tecnologías comunicacionales. La aparición de Internet en cuanto red de escala planetaria, engendra diversas clases de fuentes, que potencian la labor heurística del historiador en un grado superlativo. Estas fuentes –es decir, los sitios Web- conforman un dominio de Internet que se organiza en un conjunto de páginas, cada una de las cuales constituye un documento HTML/XHTML. Cualquier clasificación que se proponga sólo puede ser arbitraria y circunstancial, ya que las variantes tipológicas se multiplican año a año, y las innovaciones técnicas y las dinámicas políticas, económicas, sociales y culturales, motivan una expansión constate de este nuevo universo heurístico. Sólo a modo ilustrativo, pueden referirse algunas de sus modalidades básicas:

 

(i)                  Los sitios institucionales. Aportan una información sustancial sobre la estructura, funcionamiento e historia de organizaciones públicas y privadas, y en ciertas ocasiones permiten el acceso parcial o total a los documentos que producen internamente. Al hacerlo, brindan una material valioso para el estudio de diversos aspectos de la sociedad civil y de la sociedad política.

 

(ii)                Los sitios empresariales. Proporcionan datos actualizados sobre el perfil de ciertas compañías, la clase de productos o servicios que generan, su posicionamiento en el mercado, etc. En tal sentido, contribuyen de manera significativa al estudio de la Historia económica, tanto en lo que se refiere a la producción, como a la distribución y circulación de bienes, etc.

 

(iii)               Los sitios personales. Ofrecen datos biográficos sobre un profesional que presenta sus servicios a la comunidad, o de un ciudadano corriente que desea compartir sus experiencias o su historia de vida. En algunos casos, incluyen bitácoras o diarios privados, ya sea de actividades cotidianas, laborales o recreativas.

 

(iv)              Los sitios comunitarios: Constituyen verdaderos ámbitos de socialización para personas que comparten intereses comunes. Su utilización resulta fundamental para cualquier historiador que intente comprender los mecanismos y las dinámicas de las formas actuales de interacción microsocial.

 

(v)                Los sitios de comercio electrónico. Suministran insumos cualitativos y cuantitativos de gran relevancia, para el estudio de las actividades económicas, los hábitos de consumo, las estrategias publicitarias, etc. En tal sentido, Internet se ha convertido en un mercado mundial  en el que se vende y se compra en una escala nunca antes imaginada. Por ello, la utilización de estas fuentes resultará imprescindible para los historiadores del presente y del futuro.

 

(vi)              Los sitios recreativos. Brindan diversas clases de entretenimientos (pagos o gratuitos), que facilitan al investigador el estudio de las actividades lúdicas en el ciberespacio, y el análisis de las formas contemporáneas de diversión, basadas en el vinculo entre un usuario y diversos programas y archivos, o entre varios usuarios que mantienen un contacto virtual.

 

(vii)             Los sitios informativos.  Presentan las ediciones digitales de los órganos de prensa y de los medios audiovisuales característicos del mundo contemporáneo. Gracias a estos sitios, el historiador puede tener acceso directo al número de un periódico, a un cable de una agencia de noticias, a un programa radial o televisivo, sin que por ello deba acudir a los repositorios tradicionales (como las bibliotecas) o a los diarios, radios y canales. A ello se suma el hecho de que algunos servicios de información existen a través de un medio exclusivamente digital.

 

(viii)           Los sitios referenciales. Contienen enciclopedias, diccionarios, directorios, bases de datos, repertorios factográficos, así como reproducciones de diversas clases de obras y de documentos. Resultan imprescindibles para comprender los modos en que se organiza el saber en los tiempos actuales, y para obtener toda clase de fuentes del campo de la Historia de la Cultura.

 

(ix)              Los sitios para la identificación y acceso a otras páginas de Internet.  Se dividen en, al menos, cuatro categorías: portales, directores, buscadores y archivos de sitios Web. Las tres primeras modalidades se utilizan para localizar páginas específicas, mientras que la última se emplea para consultar sitios desaparecidos, que se almacenan dentro de verdadero repositorios digitales, como Internet Archive[2]. En cualquiera de los casos, resultan insumos ineludibles para cualquier historiador que se interese en las transformaciones de las redes telemáticas a lo largo de los años.

 

 

  1. La organización y la continuidad del patrimonio histórico-digital

 

Los miles de millones de documentos electrónicos que se producen anualmente, provocan una situación compleja, puesto que demandan procedimientos específicos para garantizar su supervivencia en el mediano y en el largo plazo, y plantean la necesidad de su organización en archivos que resulten adecuados a la naturaleza de sus soportes y de sus contenidos.

 

3.1. La conservación de las fuentes informáticas: algunos desafíos inmediatos

 

Existen al menos tres problemas que deben resolver los investigadores que se interesan por la pervivencia de piezas informáticas necesarias para sus proyectos:

 

(i)                 La conservación de los documentos en su soporte original. A diferencia de cierta clase de fuentes históricas tradicionales, cuyos soportes subsisten a lo largo de los siglos –e inclusive, durante el transcurso de milenios- los productos informáticos se almacenan en medios que demuestran ser mucho más vulnerables al transcurso del tiempo. Aún cuando se opere en condiciones óptimas, los soportes magnéticos poseen una vida útil de diez años. Los soportes ópticos, por su parte, multiplican por diez la cifra anterior. De todos modos, ninguna de estas modalidades compite en cuanto a durabilidad con los medios más clásicos de transmisión de contenidos textuales e icónicos, como el papiro, el pergamino y algunos clases de papel. Por lo tanto, los documentos electrónicos demanda al historiador y al archivólogo exigencias mucho mayores a la hora de garantizar su integridad.

 

(ii)               La conservación de las condiciones de legibilidad de los documentos. Los productos informáticos, en contraste con las fuentes tradicionales, precisan de dispositivos que posibiliten su lectura. Sin computadoras y sistemas periféricos apropiados, no es posible acceder a sus contenidos, a pesar de que los soportes se conserven adecuadamente. El mayor problema lo plantea no sólo la obsolescencia acelerada de los medios de almacenamiento, sino de las propias herramientas y unidades de lectura. En la actualidad ya no existen computadoras que dispongan de disqueteras para unidades de 5 y ¼. Algunas máquinas carecen directamente de disqueteras, y en pocos años, muy probablemente no dispongan de bandejas de lectura de discos compactos, puesto que el pen drive tiende a substituir tanto al CD como al DVD, en cuanto soportes de preferencia. Si no se cobra conciencia de este hecho y no se adoptan las providencias del caso, los historiadores del presente y del futuro inmediato, se verán privados de materiales muy valiosos para el desarrollo de sus investigaciones.

 

(iii)             La conservación de los metadatos de un documento. En el contexto de las fuentes electrónicas, los metadatos constituyen “datos que describen datos y sistemas de datos”. A modo de ejemplo, presentan información sobre la estructura de una página Web, sus características, su localización, su finalidad, etc. Permiten, de esta forma, conocer: (a) el contexto administrativo o de creación (autor, fecha, etc.);  (b) el contexto documental (es decir, un conjunto de referencias a los documentos relacionados); (c) el contexto tecnológico o de recuperación (formato, versión, programa, etc.). Esta información resulta independiente del soporte específico en que se registra el propio documento, pero resulta esencial para la preservación de su estructura y sus contenidos. La conservación de los metadatos constituye, entonces, un requisito básico de estas nuevas clases de fuentes, requisito que tiene ciertos equivalentes en el universo heurístico de los documentos tradicionales, ya que la información relativa a la génesis de una fuente y a su contexto de producción, resulta necesaria para la descripción archivística y para la crítica histórica.

 

 

3.2. La preservación de los contenidos documentales en un contexto tecnológico cambiante[3]

 

Las fuentes digitales plantean exigencias diferenciales para su pervivencia en el largo plazo, ya que no siempre resulta factible realizar una reproducción exacta de un documento digital, cuando los dispositivos electrónicos y los programas varían. En tales circunstancias, se hace necesario idear alternativas para que el investigador –y el usuario en general- puedan recuperar y visualizar, en los nuevos dispositivos, los contenidos de los documentos de las décadas precedentes. Para ello, existen algunas soluciones posibles, que deben implementarse con diligencia, a fin de evitar la pérdida de fuentes valiosas:

 

(i)                  La migración a un nuevo soporte. Se trata de una estrategia universalmente utilizada, y que consiste en la reproducción de los documentos en soportes tecnológicos de última generación. Por ejemplo, si un documento se genera en un soporte magnético, a fin de garantizar su preservación de largo plazo se debería almacenar en un soporte óptico.

 

(ii)                La compatibilidad retroactiva de los nuevos programas. El programa en que se origina un documento, resulta tan importante como el medio en que se registra y los dispositivos que permiten su lectura. Los programas sufren transformaciones mucho más aceleradas que estos últimos, pero por lo general, las nuevas versiones se configuran de modo tal que recogen fuentes producidas en versiones anteriores. Sin lugar a dudas, este desafío heurístico no tiene ningún equivalente en la documentación tradicional.

 

(iii)               La conversión de un documento a formatos universales. Aun cuando las versiones actualizadas permiten la lectura de fuentes creadas en versiones previas, algunos programas –en cuanto productos comerciales- compiten entre sí, y si una fuente se genera en un utilitario específico, no existe garantías de pueda leerse sin inconvenientes en otros elaborados por compañías rivales. Para solucionar tales inconvenientes, surge, como estrategia de largo plazo, la implementación de formatos universales que trascienden las divergencias y las incompatibilidades entre las tecnologías que rivalizan durante un período específico. Este último desafío, tampoco registra situaciones análogas en el universo de las fuentes pre-informáticas.

 

 

3.3. El archivo digital: sus funciones y sus modalidades organizativas.

 

Del mismo modo que los documentos que produce un individuo o una institución en el desarrollo  de sus actividades cotidianas, pueden dar origen a distintas clases de archivo, las fuentes digitales demandan sus propios repositorios. Con relación a este punto, existen semejanzas y diferencias notorias:

 

(i) En lo que respecta a las semejanzas, se podría señalar que:

 

(a)    Algunas tipologías documentales se mantienen incambiadas, a pesar de que varíen los medios de almacenamiento. La correspondencia personal e institucional, los expedientes electrónicos, la documentación contable, las circulares y las resoluciones de órganos directores, se caracterizan por estructuras formales que trascienden los soportes, y exigen pautas universales de descripción archivístico-históricas.

 

(b)   La organización de los documentos en fondos, secciones y series, tampoco presenta variaciones significativas. De hecho, se simplifica en la medida en que ciertos programas informáticos ordenan en forma automática las fuentes que se generan de manera regular.

 

(ii) En lo que atañe a las diferencias, es preciso indicar que:

 

(a)    La conservación de un archivo personal en los tiempos pre-informáticos, se asocia generalmente a la actuación de figuras destacadas, tanto en el ámbito de la vida política, económica, social y cultural. Por lo pronto, se restringe a aquellos individuos que producen fuentes de alguna clase, y que poseen cabal conciencia de que deben conservarlas, porque existe un consenso colectivo acerca de su significación. Con la democratización de la vida política y social, se incrementa significativamente el número de personas que crean fuentes y las preservan por decisión propia. De todos modos, las dificultades operativas que se derivan de este hecho, puede limitar las posibilidades de concreción, ya sea por una cuestión de espacio físico, de disponibilidades de medios de almacenamiento, de exigencias familiares, etc. Las nuevas tecnologías superan esta clase de problemas, ya que la infraestructura necesaria se abarata de manera sorprendente. En la actualidad, cualquier individuo que tenga acceso a un computador puede producir su propio archivo personal.

 

(b)    La progresiva universalización de los medios informáticos, al tiempo que facilita la conservación de los materiales y su organización automática en un archivo personal, también puede inhibir, en la práctica, su mantenimiento. La naturaleza intangible del soporte, la cultura de la inmediatez que caracteriza a los tiempos actuales, y la ausencia de una clara conciencia de que el ciudadano corriente produce documentos históricos, no favorece el desarrollo de repositorios electrónicos personales. En tal sentido, los historiadores –y los cientistas sociales, en general- cumplen un papel fundamental a la hora de incentivar la generación de tales repertorios, ya que además de constituir insumos para los investigadores del futuro, permiten que los sujetos cobren conciencia de su carácter de agentes históricos, y del valor testimonial de las fuentes que producen.

 

Si los desafíos anteriores se sortean con éxito, las posibilidades del conocimiento de nuestro presente que tendrán los historiadores del futuro resultarán cualitativa y cuantitativamente diferentes, a las que existen actualmente para el estudio del pasado.

 

 

  1. La crítica heurística de la fuentes electrónicas

 

En la Era de la Información, el análisis de los insumos investigativos no cambian sustancialmente en cuanto a sus aspectos básicos, pero sufre algunas modificaciones operativas en lo que se refiere a la determinación de la autenticidad de una pieza, y de la fiabilidad y representatividad de sus contenidos.

 

4.1. La autenticidad de los documentos informáticos

 

Para llevar a cabo la crítica heurística en sentido tradicional, el investigador estudia la historia de la propia fuente, desde que fue creada hasta que llega a sus manos. Indaga también sobre las características del soporte  del documento, la estructura formal que presenta, el perfil del discurso y del léxico que emplea, y la coherencia entre los datos que aporta y la información contextual disponible. En el caso específico de los documentos electrónicos, la labor heurística no resulta menos exigente si se la compara con la de las fuentes clásicas. Ello se debe a que –como se indicó anteriormente- los registros digitales se caracterizan por ser dinámicos, es decir, se pueden reproducir y modificar tantas veces como el usuario lo desee. La capacidad de generar copias idénticas de un mismo documento (que resultan indiscernibles con respecto al original), y la posibilidad de modificar la configuración y los contenidos de la fuente (sin que nadie se percate de tal situación) plantea dos problemas inéditos, que no se pueden enfrentar con las herramientas de la heurística tradicional.

 

Para superar tales desafíos, es menester implementar diferentes clases de controles durante el proceso de creación de los propios documentos y en las instancias en que resultan modificados por sus autores. De este modo, la garantía de fiabilidad estaría dada por pautas de autenticación que se aplican en el momento mismo de la creación de la fuente, y que se repiten en cada una de sus transformaciones posteriores. En el ámbito de una institución pública o privada que produce regularmente documentación de valor histórico, existen tres procedimientos que reducen los márgenes de riesgo con respecto a la falsificación y la manipulación de contenidos:

 

(i)                  La adopción de un sistema informático uniforme que emita los documentos institucionales, en sentido estricto. Mediante esta medida, si en la generación de un expediente, una carta, un informe, etc., se emplea un sistema distinto, es posible comprobar fácilmente que se trata de una pieza apócrifa.

 

(ii)                La utilización de herramientas que impidan la modificación de los documentos que ya se han generado. De este modo, las fuentes se conservan inalterables y el historiador tiene la plena garantía que no han sido objeto de transformaciones ni autorizadas ni registradas.

 

(iii)               El empleo de programas y dispositivos de control en las fases de elaboración, memorización y emisión de los documentos. Con este procedimiento, se asegura la integridad del documento elaborado electrónicamente.

 

Si el historiador desea obtener la plena certeza de que un documento digital no ha sido objeto de ninguna clase de manipulación posterior a su creación,[4] existen recursos tecnológicos que acuden en su auxilio, y que se aplican a buena parte de las fuentes informáticas:

 

(i)                  La firma electrónica.  Los documentos tradicionales poseen firmas, rúbricas, signos y sellos que permiten validarlos. Algo análogo acontece con las fuentes digitales. Mediante el análisis de la firma electrónica, se pueden superar las incertidumbres con respecto a la autoría de un documento.

 

(ii)                La marca de agua. Este procedimiento se utiliza para comprobar la autenticidad del papel de un documento manuscrito o impreso, y de este modo evitar las falsificaciones. La marca de agua consiste en una imagen que se forma por diferencia de espesores en un hoja de papel. En el ámbito informático, este procedimiento clásico se adapta de modo tal que actualmente existen programas que incorporan una imagen asociada a un documento. Si existen dudas sobre la autenticidad, el investigador puede hacer visible la marca de agua, recurriendo al programa adecuado.

 

(iii)               La utilización de dispositivos de auditoría informática. Se trata de un registro cronológico de las actividades del sistema específico que produce los documentos. El acceso a tales registros permite reconstruir las operaciones de creación y modificación de los documentos. Como recurso, resulta efectivo siempre y cuando se disponga de acceso al sistema informático que genera las fuentes. Por lo tanto, su aplicación presenta serias limitaciones, sobre todo para investigadores del futuro.

 

Los procedimientos que garantizan la autenticidad documental, se aplican a la más variada gama de contenidos y de formatos. En materia de fuentes sonoras, existen sistemas digitales que insertan marcas de agua en las grabaciones de voz, para corroborar la autoría de una grabación. Esta marca de agua no afecta en lo más mínimo la calidad en la reproducción del sonido de la voz de una figura determinada, al tiempo que verifica si su registro ha sido objeto de alguna manipulación o alteración. Se trata de una técnica que procede  del campo de la biometría, una disciplina dedicada al estudio del reconocimiento de los seres humanos a partir de ciertos parámetros biológicos o conductuales. Debe destacarse, asimismo, que las técnicas de la marca de agua digital se han perfeccionado hasta tal punto que en la actualidad también se aplican a fuentes iconográficas y audiovisuales. Tanto en documentos que utilizan la imagen fija como la imagen en movimiento, es posible introducir una señal, no perceptible al ojo humano, que autentica el registro. Este procedimiento se aplica, generalmente, incorporando la marca del agua en el propio IP de la cámara fotográfica o filmadora. En cualquier caso, la técnica corrobora la autoría del registro, pero no la autenticidad de sus contenidos.

 

 

4.2. El análisis de contenido de los productos digitales[5]

 

Para finalizar esta exposición, se ofrecen algunas referencias muy generales, a las características que asume el estudio de una fuente cuando su soporte es informático, en la medida en que el investigador que trabaja con textos digitalizados, puede aplicar herramientas que ofrecen ciertos programas y que presentan un algo grado de automatización. Entre dichas herramientas, se destacan tres:

 

(i)            La codificación, que consiste en segmentar el texto en unidades básicas –palabras, expresiones, frases etc.- y luego cuantificar sus repeticiones dentro del propio documento.

 

(ii)          La categorización, que permiten organizar las unidades de análisis a partir de algunas categorías básicas, y ordenarlas, posteriormente, de acuerdo a diferentes grados de jerarquía, desde las más específicas a las más generales.

 

(iii)         La comparación, que posibilita la detección y cuantificación de los términos y de las frases que se repiten, o el descubrimiento de asociaciones estadísticas entre vocablos.

 

Estos procedimientos se aplican no sólo a unidades léxicas o frásicas de un texto, sino a segmentos de una imagen, o de una grabación sonora o audiovisual. Asimismo, las técnicas del análisis estadístico clásico se utilizan con la mayor eficacia, si las fuentes se organizan como bases de dates cuantitativas o como planillas electrónicas. Por el contrario, si tales insumos –ya sean verbales, icónicos o numéricos- se almacenasen en un soporte tradicional, las operaciones anteriormente descriptas se podrían aplicar con un elevado costo para el investigador o el equipo que las implementa, ya sea por el tiempo que requieren y por el número de colaboradores que demandan.

 

 

  1. Bibliografía

 

En esta última sección, se presenta un listado de algunas obras referenciales,  para que el lector profundice en los temas tratados en la presente ponencia.

 

BURGESS, R. W. (Ed.),  Computing and Qualitative Analysis.  London: JAI Press, 1995.

 

CORNELL UNIVERSITY LIBRARY. Digital preservation management: implementing short-term strategies for long-term problems, 2003. [https://www.library.cornell.edu/iris/tutorial/dpm/]

 

DEY, Ian,  Qualitative data analysis: a user-friendly guide for social scientists.   London, Routledge and Kegan Paul, 1993.

 

DOLLAR, Charles M. Authentic Electronic Records: Strategies for Long-Term Access. Chicago: Cohasset Associates, 1999.

 

DURANTI, Luciana (Ed.) The Long-term Preservation of Authentic Electronic Records: Findings of the InterPARES Project. 2002. [https://www.interpares.org/book/index.cfm]

 

DURANTI, Luciana. Diplomatics: New Uses for An Old Science. Chicago, Ill.: SAA, ACA and Scarecrow Press, 1998.

 

GRUPO DE TRABAJO DE DOCUMENTOS ELECTRÓNICOS. La gestión de los documentos electrónicos: recomendaciones y buenas prácticas para las universidades. 2007

[https:// www.uclm.es/organos/s_general/crue/pdf/ponencias/2.pdf]

 

GUERCIO, María. Archivistica informatica: i documenti in ambiente digitale. Roma: Carocci, 2002.

 

LABODÍA, José Antonio. Marcas de agua digitales. A vueltas con la protección de nuestros derechos. [www.acta.es/articulos_mf17043.pdf]

 

LEE, Raymond M. (Ed.), Information Technology for the Social Scientist.  Londres: UCL, 1995.

 

NATIONAL LIBRARY OF AUSTRALIA. Guidelines for the preservation of digital heritage. 2003. [https://unesdoc.unesco.org/images/0013/001300/130071e.pdf]

 

SERRA, Jordi. La firma electrónica y el archivo digital. 2004. [https://eprints.rdis.org/archive/00002602/01/CATCERT_2004.pdf].

 

TOWNSEND, Sean; CHAPEL, Cressida; STRUIJVÉ, Oscar. Digitising History. A Guide to Create Digital Resources from Historical Documents. 1999. [https://hds.essex.ac.uk/g2gp/digitising_history/index.asp]

 

 

[1] Para un análisis detallado de este tema, véase CORNELL UNIVERSITY LIBRARY. Digital preservation management: implementing short-term strategies for long-term problems, 2003. [https://www.library.cornell.edu/iris/tutorial/dpm/]

[2] https://archive.org

[3] Véase GRUPO DE TRABAJO DE DOCUMENTOS ELECTRÓNICOS. La gestión de los documentos electrónicos: recomendaciones y buenas prácticas para las universidades. 2007 [https:// www.uclm.es/organos/s_general/crue/pdf/ponencias/2.pdf]

[4] Véase SERRA, Jordi. La firma electrónica y el archivo digital. 2004. [https://eprints.rdis.org/archive/00002602/01/CATCERT_2004.pdf].

[5] Véase DEY, Ian,  Qualitative data analysis: a user-friendly guide for social scientists.   London, Routledge and Kegan Paul, 1993.

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[Resultado Seminario «On Line» con el profesor Andrés Bresciano celebrado el 15 de mayo]

Se inicia el Seminario «On Line» con el Profesor Bresciano, de la Universidad de La Répública.

Pregunta: Cree que es posible el desarrollo íntegro de archivos digitales por internet, es decir, sin sede física? Iñaki Fernández. Universidad del País Vasco.

Respuesta: Habría que diferenciar entre archivos que se conforman exclusivamente con documentos electrónicos y archivos que contienen reproducciones digitales de documentos que existen en otra clase de soportes. En el primer caso, la repuesta es afirmativa, ya que el soporte original de los documentos es electrónico. En el segundo caso, el archivo digital que se conforma no sustituye al físico, sino que lo complementa. De hecho, permite una mayor difusión de sus contenidos, sin poner en riesgo a las piezas originales.

Pregunta: Estimado Andrés: Me gustaría saber qué papel cree que jugarán las nuevas tecnologías en la enseñanza de la Historia en los próximos años. Muchas gracias. Pablo Folgueira Lombardero. Profesor de Enseñanza Secundaria. Gijón (Asturias, España).

Respuesta: Ya en el presente, las nuevas tecnologías están modifican el modo en que se difunde y divulga el saber histórico, en todos los ámbitos. En primer término, permiten un acceso privilegiado a toda clase de fuentes históricas, que proceden de los más diversos períodos, culturas y contextos geográficos. En segundo lugar, en la medida que integran diversas clase de soportes y de conentidos, le posibilitan un acceso al conocimiento del pasado que no se limita a los documentos textualess, sino que incluyen fuentes cartográficas, iconográficas, sonoras, audiovisuales etc. Finalmente, le brindan al alumno los instrumentos para que él mismo pueda convertirse en un creador de fuentes históricas, registrando eventos de su vida cotidiana que tengan una significación social y cultural de carácter colectivo.

Pregunta: Estimado Prof. Bresciano, enhorabuena por su texto tan claro y relevante, pero no cree Vd que se debiera realizar un gran archivo de todo el ciberespacio, puesto que hay páginas de mucho interés que desaparecen por falta de interés o por razones económicas? Roberto Caña (Universidad León)

Respuesta: Estoy totalmente de acuerdo con su comentario. De hecho, existen algunos proyectos al respecto, como es el caso de www.archive.org, que procura cumplir esa función. Este archivo almacena (en teoría) todas las versiones de un mismo sitio a lo largo de su historia. De hecho, este archivo contiene las diferentes versiones de cientos de millones de sitios que se han creado desde la aparición de Internet. Por el momento, no es un archivo exhaustivo pero aspira a serlo en el futuro.

Pregunta: Me dedico a la historia de la música contemporánea. Soy de ciencias de la información y qusiera preguntarle que qué hacemos con la falta de fiabilidad de muchas webs, dando errores en datos, biografías, etc. Una cuestión que afecta también a la web social y a las grandes enciclopedias en red (wikipedia). Cúal es la solución. Qué hacer ante ese problema? Iván Torres, Universidad de Barcelona

Respuesta: La solución consiste en realizar una lectura crítica de los materiales que consultamos. El hecho de se publiquen en Internet no da garantías de que no contengan errores; tampoco tenemos esa garantía con las ediciones tradicionales de diccionarios y de enciclopedias. Ante esta situación, se hace necesario corrobrar quién edita el texto, que respaldo académico hay detrás de la edición, qué críticas ha recibido tal publicación, etc. Otro procedimiento consiste en recurrir a diferentes obras de referencia para un tema concreto, para determinar si existen divergencias notorias en los datos que presentan, y si es así, intentar hallar la información correcta.

Pregunta: Buenas Profesor Bresciano. Qué sucede con las nuevas webs, que nos presentan otros códigos que no son del la famlia del hml, y con la proliferación de documentos en vídeo? (fragmentos de acontecimientos, etc.). Patricia Carreño. Universidad de Castilla La Mancha

Respuesta: Todos estos materiales constituyen fuentes que demandan formas de tratamiento específicas. Sin lugar a dudas, la proliferación de documentos en vídeo constituye un rasgo característico de este tiempo, pero para el historiador el incremento vertiginoso del número y variedad de fuentes no implica una renuncia a la capacidad de abordarlas con rigor metodológico. De hecho, todo acto de investigación implica seleccionar y jerarquizar las fuentes, según la naturaleza de la información que aportan, más allá de las especificidades técnicas de su formato y soporte.

Pregunta: Resulta interesante conocer acerca del trabajo de historiadores relacionados con las fuentes electrónicas. Después de leer atentamente su ponencia, mi pregunta es la siguiente: ¿Cómo valora la formación profesional del historiador en el nuevo milenio en el manejo de las TIC para su trabajo como investigador y docente? Por último, soy un defensor de las TIC, pero desde esa óptica que usted nos brinda a través del trabajo con las fuentes electrónicas, pero además, pienso en la necesidad del hipervínculo de las fuentes a la hora del trabajo como docentes. ¿Y usted?. Muchas gracias Miguel David Herrera Lage Estudiante de Doctorado de Historia Universidad de Santiago de Compostela

Respuesta: Sin lugar a dudas, en el trabajo docente la utilización de los hipervínculos resulta particularmente útil ya que a partir de una misma fuente, el estudiante puede remitirse a otros textos que se encuentran relacionados, en un proceso que no tiene límites, y en el cual él alumno es el protagonista. En tal sentido, el hipervínculo posibilita una relación mucho más dinámica entre los usuarios y las fuentes, ya que pueden efectuar toda clase de lecturas transversales que responden a sus propios intereses específicos.

Pregunta: El texto del profesor Bresciano es un exquisito, certero y exhaustivo análisis metodológico de la realidad documental digital en nuestros días en el sentido de que reconoce la documentación digital como material sensible y utilizable para el historiador, pero quisiera preguntarle si la práctica de todo ello, si la utilización diaria de todo ese utillaje metodológico, se puede llevar a cabo al margen de lo que en Historia a Debate denominamos «historiografía digital»; es decir, todo lo que has expuesto tiene que complementarse con la aparición y profundicación de las «nuevas comunidades académicas de historiadores», el trabajo en red, y con una nueva práctica historiográfica que esta inserta en un «nuevo paradigma historiográfico». En caso contrario sólo estaremos una vez más con un nuevo retorno de lo empírico pero asociado a documentación digital Israel Sanmartín (Secretaría HaD)

Respuesta: Estoy plenamente de acuerdo con el comentario. Las nuevas tecnologías no sólo permiten almacenar documentos y difundirlos, sino que también facilitan la comunicación directa y diaria entre investigadores que pertenecen a distintos ámbitos, y de este modo comienzan a colaborar mediante modalidades interactivas que no existían previamente. En tal sentido, dichas tecnologías desdibujan paulatinamente las fronteras institucionales y estatales, y contribuyen a la conformación efectiva de comunidades académicas que operan a escala global, a partir de los objetivos específicos que las convocan, más allá de las procedencias de sus integrantes y de sus compromisos institucionales en el ámbito local.

Agradezco las preguntas y los comentarios de los asistentes a este seminario online, y expreso mi gratitud al Profesor Carlos Barros por brindarme nuevamente la oportunidad de participar en él.

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Sesión 25/3/08

Seminario «On line»

El martes, 25 de marzo de 2008, de 19 a 20 horas (en España), Beatrice Borghi (Universidad de Bologna, Italia), contestará a vuestras preguntas en tiempo real, y también a las que se remitan con antelación por mail o a través del formulario web, desde la Facultad de Geografía e Historia de la Universidad de Santiago de Compostela, España. Os convocamos para ello a conectar el dia y hora acordados con nuestra dirección web .

Seminario

«Historia y uso de las fuentes: para una didáctica de las fuentes históricas»

Informa

Beatrice Borghi
Universidad de Bologna, Italia

Resumen

Seminario on line 25/3/08

El martes, 25 de marzo de 2008, de 19 a 20 horas (en España), Beatrice Borghi (Universidad de Bologna, Italia), contestará a vuestras preguntas en tiempo real, y también a las que se remitan con antelación por mail o a través del formulario web, desde la Facultad de Geografía e Historia de la Universidad de Santiago de Compostela, España. Os convocamos para ello a conectar el dia y hora acordados con nuestra dirección web .

No se aceptarán preguntas que no vayan debidamente firmadas: nombre, institución / profesión, localidad / país.

El resultado del chat será como siempre posteriormente difundido por la lista y colgado de la web.

Tema:

«Historia y uso de las fuentes: para una didáctica de las fuentes históricas»

Resumen:

«L’uso delle fonti nella didattica della storia»

La capacità degli allievi di porre le giuste domande alle fonti è il punto di partenza indispensabile per capire la storia, la realtà circostante e
soprattutto se stessi. In tale prospettiva la ricerca e l’interpretazione delle fonti possono innescare la tensione alla scoperta, mettendo gli
scolari in grado di divenire i protagonisti del proprio apprendimento.Sviluppare una facoltà critica negli allievi è la “meta concettuale” che si
dovrebbe raggiungere attraverso il fare la storia. L’indagine storica si basa sulle fonti e qualsiasi ricostruzione storiografica, per essere affidabile, deve basarsi sulle fonti che la avvalorano, da utilizzarsi con un adeguato lavoro di reperimento, selezione e interpretazione.
Importante diventa far comprendere agli allievi come il lavoro dello storico comporti un continuo intervento interpretativo: scelta delle fonti, critica sul loro valore, identificazione delle forze materiali e spirituali che provocano e muovono certi accadimenti.

English version

The students’ ability to ask the right questions of the sources is an indispensable starting point in order to understand history, the surrounding reality and above all, ourselves. In this context, research and interpretation of sources can trigger a desire for discovery, enabling students to become the protagonists of their own learning process.The development in students of a critical faculty is the ‘conceptual objective’ which should be achieved through making history. Historical research is based on sources and any reliable historiographic reconstruction must be based on the sources which support it, used after adequate tracing, selection and interpretation activities.It is important to make students aware that the historian’s work involves continual interpretation: selection of sources, critique of their value, identification of the material and spiritual elements that cause and effect certain events.

Seminario on line 25/3/08

Empieza el seminario con la profesora Beatrice Borghi, de la Universidad de Bolognia, Italia.

Buona sera a tutti. Prima di iniziare questa nostra conversazione, desidero ringraziare il Prof. Carlos Barros e Israel Sanmartin per l’invito a partecipare a questo seminario e per la squisita accoglienza riservatami qui a Santiago.

Cuál es su especialidad dentro de la didáctica de la historia? Andrés Pascua, Universidad de Barcelona

In particolare mi occupo dell’uso delle fonti nella Didattica della Storia. Questo e`specificatamente il mio insegnamento presso la Facoltà di Scienze della Formazione, indirizzo scuola dell’infanzia e scuola primaria e conduco laboratori di storia su: “Miti, fiabe e leggende per l’insegnamento della storia”. Inoltre partecipo attivamente alla manifestazione che già da diversi si svolge nella mia città denominata “La Festa della Storia”. Si tratta di una serie di iniziative che coinvolgono il territorio, le scuole, le istituzioni locali e non, promosse dal Laboratorio Multidisciplinare di Ricerca Storica e dall’Università di Bologna e che hanno come denominatore comune la divulgazione della storia. Convegni, tavole rotonde, concerti, aperture straordinarie di musei, iniziative specifiche condotte da biblioteche, archivi e scuole e che vedono come protagonisti gli studenti di ogni ordine e grado. E’ una grande festa in cui gli allievi delle scuole presentano i progetti di ricerca che hanno condotto durante tutto l’anno. Questo è uno degli esempi più concreti di come la storia possa essere studiata e trasmessa, in primis attraverso la partecipazione attiva degli studenti. Sono altresì impegnata nella realizzazione di un “Centro Internazionale sulla Didattica della Storia e del Patrimonio Culturale” di prossima apertura (ottobre 2008) presso la mia Facoltà, in concorso con il Dipartimento di Discipline Storiche e della stessa Alma Mater. Questo per quanto concerne lo studio e l’insegnamento della storia. Sono poi docente di storia medievale e il mio campo di ricerca è rivolto ai temi del pellegrinaggio, reliquie, viaggio e storia del Mediterraneo.

Cuáles son las fuentes con las que trabaja Vd sobre la didáctica de la historia. Mario González. Murcia

All’interno del mio insegnamento prevedo per quanto possibile l’utilizzo di tutte le fonti. Credo che sia importante che gli studenti (futuri docenti) siano in grado di poter “dialogare” con tutte le fonti. Pertanto non solo quelle scritte, ma anche quelle orali, iconografiche, materiali, sonore, audiovisi, filmiche…Per far questo mi avvalgo della realizzazione di laboratori di storia che inducono lo studente a lavorare concretamente con le fonti. Il laboratorio è di fatto un luogo nel quale non si apprendono contenuti ma si costruiscono conoscenze attraverso una condivisa esperienza. E’ una modalità differente di fare storia, non certo trasmissiva e unidirezionale, che si basa sulla possibilità di elaborare “vecchi” documenti in nuove tracce e nuove fonti per il presente. Essenziale è secondo il mio punto di vista la conoscenza del proprio territorio. Pertanto propongo sempre ai miei studenti uscite didattiche per consoscere, osservare e anche per stimolare l’”educazione al bello”. Apprendere la storia significa apprendere che prima di tutto noi stessi siamo fonte. La fonte più importante, perchè la storia siamo noi. Conoscerla significa prima di tutto conoscere noi stessi. Osservare il nostro territorio nel tempo e nello spazio significa studiarlo e soprattutto tutelarlo. La conoscenza in questo caso porta necessariamente alla conservazione di ciò che mi sta attorno. Perchè il mio presente si nute di quel passato ed io ogni giorno lo attraverso.

Qué teoría o metodología podría adecuarse al fin de evaluar datos emanados de trabajos de campo sobre la presencia en Sudamérica de moriscos españoles( cristianos nuevos de moros) grupo que como tal no puede estudiarse porque no formó comunidad,pero de cuyos miembros aislados existen abundantes huellas. Maria E. Sagarzazu, historiadora/ escritora.Instituto del Profesorado. Monte Caseros- Argentina

Gentile Maria ma non sono in grado di rispondere alla sua domanda in quanto non è il mio campo di indagine e mi risulta pertanto difficile poter contestualizzare ora la situazione sudamericana relativa alla presenza dei moriscos spagnoli.

Cual es la situación de la historiografía italiana en este momento. Hay alguna novedad reseñable? Qué se está debatiendo en estos momentos?. Pablo Rodriguez, U. Cádiz

La domanda che mi pone Pablo meriterebbe un altro approfondimento seminariale. Quello che mi sento di dirvi in questa sessione e nell’ambito del tema che stiamo trattando, è che attualmente nel mio paese si dibatte molto sul futuro dell’insegnamento della storia, alla luce delle indicazioni ministeriali. L’insegnamento della mia disciplina (e non solo in quanto il problema si estende anche alla storia romana e moderna) non è più obbligatorio nei corsi di laurea universitari (il riferimento è ai corsi di laurea per futuri insegnati delle scuole primarie). A questo si aggiunge che le attuali indicazioni ministeriali prevedono che la conoscenza del Medioevo inizi solo all’età di 10 anni, quando cioè gli studenti affronto la prima media. Come potete immaginare si tratta di un grande paradosso perchè il 70% del patrimonio storico artistico mondiale si trova proprio in Italia. Come voi tutti sapete quel prezioso patrimonio che possiamo ammirare quotidianamente e che percorriamo ogni giorno nasce in un lontano passato: romano, medievale, rinascimentale.. Quali sorti, quale futuro quindi per la storia? Un futuro grigio, oscuro ma del quale tutta la comunità scientifica è chiamata a dialogare e a risolvere per non incorrere in un futuro (non troppo lontano) di “ignoranza” generalizzata della storia. Per quanto concerne altri campi di indagine storiografica posso affermare la sensibilità verso aspetti di vita materiale e storia delle mentalità.

Cuál es tu especialidad en historia medieval y cuál es la situación de la historia medieval en Italia. Gerardo Bouza, Universidad de Cantabria

Mi occupo di storia delle vie, dei centri di pellegrinaggio e di cultura nel medioevo euromediterraneo.

Podría describir las fuentes concretas que usted utiliza en su laboratorio. Un ejemplo, por favor. Gracias. Sergio Romero,estudiante de historia. U. de Luján, Argentina

Le fonti che utilizzo nei miei laboratori sono generalmente fonti iconografiche (talvolta sollecito la vistita in Pinacoteca), fonti scritte e fonti filmiche. Se affronto un percorso di storia contemporanea anche le fonti orali. Generalmente studiando aspetti di storia locale anche le fonti materiali. Come ben sappiamo per certi momenti storici le fonti in nostro possesso sono piuttosto scarse. Pertanto diventa fondamentale far parlare quelle fonti materiali che sono giunte a noi. Quelle “pietre parlanti” che in assenza di fonti scritte diventano importantissime per una lettura del territorio.

Antes, quisiera agradecer a los organizadores de este Seminario, en especial al Profesor Carlos Barros. Pregunta: Sobre la historiografía que atiende al Proceso de Conquista y «descubrimiento» del Nuevo Mundo. ¿Qué opinión le merece la re-lectura de crónicas hispanas (fuentes) para el levantamiento de tesis revisionistas y críticas a la historiografía tradicional (eurocéntrica) sobre el encuentro de la cultura europea y americana? Seguido de eso, si el tiempo lo permite, y pensando en las culturas originarias de américa, quisiera conocer su opinión sobre la tradición oral, su rescate y posibilidades para encumbrar el discurso de los vencidos; además de conocer su opinión sobre el rol de ésta en una nueva historiografía, una disidente de las tesis más tradicionalistas. Atento a su respuesta, Carlos F. Carriel, estudiantede la Academia de Humanismo Cristiano, Santiago de Chile.
Gentile Carlos, purtroppo il tempo a nostra disposizione sta terminando e la tua domanda merita una risposta adeguata e che concretamente ora non posso darti. Ti chiedo la cortesia di scrivermi al mio indirizzo di posta elettronica al fine che possa risponderti con accortezza. La mia e-mail è: [email protected] Ti ringrazio.

Ha trabajado o trabajará con las ideas de Historia a Debate en referencia a educación o didáctica? Conoce el artículo del prof. C. Barros sobre el nuevo paradigma educativo? I. Sanmartín. Univ. Santiago de C.

Apprezzo moltissimo il lavoro che il Professor Carlos Barros conduce così animosamente da tempo sulle idee della Historia a Debate. Ne sono rimasta positivamente colpita ed è proprio per questo motivo che mi trovo qui a Santiago. Sono pertanto d’accordo con quanto propone Carlos sul nuovo paradigma educativo e credo che la Historia a Debate sia parte attiva di un processo di trasformazione e combiamento che sta attraversando così vistosamente la nostra società. Di questo e di altro se ne parlerà il prossimo 14 aprile a Bologna in occasione dell’apertura del “Centro”.

La crisis que de la historia ¿podría deberse a un exceso de bibliografía y teorías a veces pseudo históricas, que no tratan cuestiones básicas, temas concretos, sino que hacen un uso de la materia histórica más bien literario o psicoanalítico? Sergio Romero,Univ. de Luján

Può darsi. La crisi della storia è legata, a mio avviso, al fatto che oggi giorno praticamente non la si insegna più; meglio, non occupa lo spazio che dovrebbe. Uno spazio necessario se vogliamo preservare il nostro patrimonio e il nostro passato, le nostre individualità coniugate con il sentire collettivo. La crisi è all’interno delle scuole, è nell’università. Per contro la proliferazione di scritti sulla storia è aumentata vertiginosamente. Se pensiamo agli esiti di libri come quelli di Dan Brown o di tutti quei volumi che parlano dei templari!!! Ma occorre fare delle distinzioni e utilizzare delle accortezze. Sono d’accordo nella divulgazione storica, ma se questa è effettuata con criteri scientificamente e medotologicamente corretti.

Vi ringrazio per la vostra attenzione e spero di leggervi presto sul web di Historia a Debate. Per me è stato un grande piacere essere qui a Santiago e in vostra compagnia. Un grazie sentito a Carlos e Israel.

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